Beati i cattivi, perché potranno diventare buoni

Se c’è una cosa che non sopporto, e che da tutti dovrebbe essere considerata intollerabile, è che non esistono più i buoni e i cattivi. Non c’è più niente di giusto o sbagliato. Non c’è il male e non c’è il bene. Tutto è possibile, nulla è vietato. La colpa è del “politicamente corretto”, questa mentalità strisciante e ipocrita che ha ammorbato persone e valori fino a rendere ogni cosa non dicibile o giustificabile. O, comunque sia, dicibile in un modo diverso e garantita da una metafora buonista. Cosicché, a ogni fatto e a ogni persona viene riconosciuta una ragione positiva dell’evento o del comportamento. Non si apprezza più il merito e, quindi, non esiste più il demerito. Il ragazzino a scuola non teme di essere bocciato, se è un asino o un pelandrone, tanto non si vergognerà di essere promosso col “debito di formazione”. Cosa sarà mai un debito, quando nella comunicazione familiare se ne parla disinvoltamente come di una necessità per esibire la casa, la tv al plasma e l’ultimo modello di Suv? Al ragazzino nessuno ormai racconta che una volta una persona d’onore si sparava quando non riusciva a pagare i debiti sventatamente contratti. Oggi chiunque abbia un debito, anche minimo, sa che può contare sui tempi garantisti della giustizia che pretende prove inossidabili prima di condannare al dovuto pagamento il disonesto approfittatore del denaro e dei servizi altrui. E a proposito di onore, cosa è stato spiegato alle ragazzine quattordicenni “di buona famiglia” che perseguitavano e seviziavano una coetanea più carina perché conquistava e seduceva più ragazzini di loro? Troppe bugie Vogliamo parlare una volta per tutte di bontà, cattiveria, invidia, odio, vendetta o dobbiamo ancora addolcire la tragedia con spiegazioni del tipo “disagio sociale”, “immaturità affettiva”, “incomprensione relazionale”? Perché l’uomo che tradisce è sempre in “crisi esistenziale” (e quindi bisogna capirlo), la donna infedele è “alla ricerca di se stessa” (dove? In quale parte del corpo?), il bambino che ruba è “bisognoso di affetto” e l’omicida è “esasperato dagli avvenimenti”? A volte le giustificazioni sono valide, ma quasi sempre si deve avere il coraggio di definire ladro chi ruba, traditore chi è sleale, bugiardo chi mente, disonesto chi inganna. Vandalo chi ha spaccato le vetrine dei negozi e viene invece qualificato “contestatore politico”. Tutti cattivi. Certamente non “buoni ma sfortunati”. E poi, cos’è questo cinismo paludato d’ironia, che si risolve nell’ingiusta sdrammatizzazione del gravissimo eccidio, nel ridere della boutade “meglio l’erba dei vicini dei vicini di Erba”? Ci sono caduta anch’io, che ho voluto rispondere ai plurimi sms : “e che dire del vicino fatto di Erba?”. Ma me ne sono vergognata subito dopo l’irrevocabile invio. Il mio inoltro ha svalutato l’orrore della tragedia e il gravissimo problema della droga. Ma tant’è. Ho capito che rischio l’inquinamento della leggerezza, della superficialità, della disattenzione ai valori cardine della società civile. Valori che stanno evaporando grazie appunto alla mistificazione del politicamente corretto, che nasconde il vero per farci sentire tutti più gentili, educati e comprensivi. Mistificazioni Se dici cieco a un non vedente, o negro a uno di colore, o handicappato a un “diversamente abile”, sei giudicato incivile e culturalmente scorretto. Ma se stupri un bambino, tutt’al più ne avrai abusato (e nessuno valuta che l’abusare presuppone un diritto all’uso) e sarai coccolato dagli psicologi come “non ancora socialmente inserito”. E se poi lo uccidi, quel bambino, hai diritto al perdono istantaneo che, automaticamente, l’assassino e la società buonista pretendono, tanto che a volte la vittima sopravvissuta ritiene doveroso concederlo. Che senso ha il perdono quando uno non sa neppure di essere cattivo, perché mai nessuno lo giudicherà tale? La società ci vuole tutti buoni ma ricchi di alibi. I cattivi ci sono, invece. Facciamocene una ragione. Se non altro per difenderci in tempo. Dunque, se vogliamo una società civile, se vogliamo riappropriarci del senso dell’onore e dell’autentico rispetto della vita e degli altri, riprendiamoci dall’archivio parole che sono ancora su tutti i dizionari, a cominciare da “buono” e “cattivo”, “onesto” e “disonesto”, “generoso” e “avaro”. “Verità” e “menzogna”. Ma non dimentichiamoci di “invidia”, “odio”, “vendetta”. Senza di che non avrebbero senso né l’onore né la vergogna.