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In guerra tutto è permesso: e dunque, nella “Cambogia” del giornalismo italiano, onore al merito al direttore del giornale che non ha voluto fare differenze tra ruoli sociali e ha pubblicato senza censure ciò che altri hanno preferito regalare al tam tam di maldicenze. Poi, però, interviene l’Autorità garante che dice, in sostanza, ciò che legge e giurisprudenza ribadiscono da anni: non si propagano notizie che non siano di interesse pubblico, non si pubblicano particolari (piccanti) che vadano oltre il diritto di cronaca e soprattutto non bisogna svelare i contorni del territorio sessuale di ciascuno. Pubblico o privato che sia. La Gazzetta Ufficiale ci informerà che, da subito, chi non rispetta queste regole è soggetto alla sanzione del carcere (da tre mesi a due anni) e rischia di dover risarcire il danno. Dunque, per chi ancora non era informato o non aveva avuto il tempo di leggere codici e pronunce della Cassazione, il Garante ha confezionato un bigino riassuntivo del famoso “decalogo del giornalista” che fin dal 1984 la Cassazione aveva così impostato: a) le notizie per essere pubblicate devono essere vere o verosimili (criterio della verità); b) devono essere esposte in maniera corretta (pertinenza); c) devono rivestire interesse per l’opinione pubblica (continenza). Ma, attenzione, l’interesse pubblico non si identifica mai nella morbosa curiosità del lettore, altrimenti tutto sarebbe pubblicabile. Le intromissioni nella sfera privata, anche dei personaggi pubblici, sono giustificate solo se sia possibile desumerne elementi di valutazione sul ruolo pubblico del personaggio in questione. Secondo il Garante, che si è mosso in aiuto a un politico, dunque, avrebbe sbagliato chi ha svelato i suoi comportamenti privati. E’ logico, però, porsi una domanda: le abitudini private di un politico – che è rappresentante del popolo elettore – sono di interesse pubblico? A malincuore, da paladina dei diritti assoluti quale sono, devo proprio rispondere affermativamente. Se un politico combatte in Parlamento la droga, ma poi ne fa ampio uso appena ne esce, io – elettore – devo saperlo. Se un politico, tutelante della famiglia e contrario al divorzio, tanto che per questo ha accumulato voti da chi crede di pensarla come lui, ha una vita sentimentale e sessuale disordinata e inquietante, un giornalista deve ritenere che sia di interesse pubblico il raccontare questa vita. Se un parlamentare propugna leggi contro gli omosessuali ma, contemporaneamente, cerca accompagnatori su internet, non ha ragione di lamentarsi se i giornali ne pubblicano nome e misfatti. La contraddizione, infatti, tra il ruolo pubblico e le abitudini private dei politici, è un elemento di significativo rilievo e che deve avere piena cittadinanza nel diritto di cronaca. La notizia sulla coerenza o l’incoerenza di un esponente del governo o del parlamento risponde pienamente ai criteri di verità, pertinenza e continenza che giustificano e nobilitano il diritto di cronaca. Secondo me lo scandalo non sta nel raccontare un fatto relativo a un politico e che il politico vorrebbe tenere segreto, ma nello scandalizzarsi perché è stato reso pubblico ciò che il politico vuole nascondere. Paradossalmente forse, io credo che travalichino il diritto di cronaca i fatti personali di un calciatore e di una velina ma non quelli di un politico: i primi infatti non hanno chiesto il mio voto per lavorare e la loro coerenza non ha alcun interesse pubblico. Lo scoprire, invece, vizi privati e distonie comportamentali di un delegato del popolo, a mio parere, deve consentire al giornalista di esprimerlo nell’esercizio del suo sacrosanto diritto di cronaca. Naturalmente, avendo accertato la verità dei fatti e operato il rigoroso controllo dell’attendibilità della fonte. E’ ipocrita far credere che il cittadino vota un partito, che il partito ha la sua storia e i suoi ideali e che tanto non contano le singole persone che lo compongono e quel che fanno dopo sontuosi discorsi e paludate conferenze stampa. Contano, invece, eccome. E il cittadino che li vota, ha il diritto di sapere fino in fondo chi è e che cosa fa quella persona che riceverà il suo personale mandato a rappresentarlo. Ognuno ha le sue idee, ma io mi appello al più corretto e ampio diritto (dovere) di cronaca prima di segnare con la matita copiativa una croce su di un nome che potrebbe appartenere a chi in privato tradisce, ruba, violenta, mente, si droga o, comunque sia, ha qualcosa che vuole a ogni costo nascondere. Se si vergogna di sé stesso lui, perché dovrei votarlo io?