La sindrome rancorosa del beneficiato

Sarà capitato anche a Voi, di avere la pungente delusione di essere maltrattati da chi, in precedenza, era stato proprio da Voi aiutato. Non con la semplice ingratitudine, che è banalmente umana e diffusissima, ma con qualcosa di più, di diverso e di inaspettato. Significativa la storia di quel Signore che aveva tolto dalla strada una prostituta, l’aveva ripulita e persino, credeva, bonificata dall’orrore dei ricordi; le aveva trovato anche un impiego ma infine, dopo mesi, era stato da lei depredato d’ogni risparmio e oggetto prezioso, per poi accorgersi che era sparita nel nulla. Oppure la vicenda di quel medico che, mosso dalla compassione, aveva operato gratuitamente nella sua clinica un paziente privo di mezzi per poi vedersi notificata una citazione in Tribunale proprio da lui che, ormai sano come un pesce, pretendeva un risarcimento danni per un improbabile accanimento di farmaci e terapia. E’ storia, peraltro, di tutti i giorni, quella di molti mariti che fanno vivere le mogli come regine, viziate, coccolate e protette, per doversi a un certo punto confrontare, insospettatamente, con un mediocre bellimbusto “capace di ascoltarle” ma che non se le porta neppure via. E che dire di quelle mogli che aiutano nella carriera il coniuge caricandosi solo loro sulle spalle la fatica pluriennale e ripetitiva della casa, dei figli, della socialità, del risparmio e poi si sentono spiegare, dal vile spensierato, “mi sono innamorato di un’altra perché ride ed è giovane”. Ma avete mai provato a fare una raccomandazione e subito dopo essere perseguitati all’infinito dal raccomandato non assunto, perché – a suo dire – non vi siete dati abbastanza da fare, per scoprire invece che lui si era posto con arroganza o non era stato puntuale o comunque non si era mostrato all’altezza? A questo punto non si può non riflettere su quel raffinato politico (ma non è l’unico) che era sul punto di diventare nessuno e che invece, grazie soltanto a uno più potente e capace di lui, si è riciclato in qualcuno ed è diventato anche molto importante. Troppo. Ebbene, incapace pure lui, non solo nella gratitudine, ma addirittura del più elementare rispetto, verso l’uomo generoso e verso la carica governativa, oggi si affanna a dileggiare e denigrare il suo benefattore, tentando di far dimenticare agli altri che è stato proprio lui il suo unico, determinante e gratificante sponsor. Dall’opportunità, all’opportunismo, alla viscida denigrazione. Non ho particolare simpatia per il Cavaliere. Anzi. L’unico nostro incontro è stato segnato da un suo atteggiamento veteromaschilista molto offensivo verso di me. Tuttavia, la mia passione difensiva mi porta a prendere a cuore le vittime, anche se indifendibili su altri fronti. E più vittima di Berlusconi, da qualche tempo in qua, non c’è davvero nessuno. Vittima della sua improvvida generosità, della fiducia che sparge a pioggia. Vittima, plurirecidiva, della sindrome rancorosa del beneficato. Basta solo pensare, per descriverne cause ed effetti, anche a quella pletora di comici pseudo intellettuali e molto sinistri che affollano le sue reti televisive e hanno preso a lanciargli disgustose polpette di fango, quando invece dovrebbero innaffiarlo di champagne. Considerate, quantomeno, le ricchezze, anche e probabilmente molto estere, che questi ridanciani beneficati hanno accumulato sulla sua pelle e alla sue spalle. Denaro che proveniva, e proviene, solo da lui e dalle occasioni offerte loro in nome della libera opinione. Il premier sarà pure un ganassa, troppo ricco, troppo potente, troppi processi, troppo sfuggente, troppo tutto, ma non gli si può negare la sua tendenza, magari anche solo per guadagnare consenso, ad aiutare chiunque. Dagli aspiranti politici a quelli in saldo, ai terremotati, ai parenti dei calciatori, ai comici privi di pubblico. Arriva dovunque. Basta chiedere. Per avere in cambio, quasi sempre, allusioni, veleni, aggressioni infide, persino vendette da parte dei suoi protetti che, prima o poi, mostrano di soffrire della sindrome rancorosa del beneficato. Patologia del pensiero, questa, che affligge gli stupidi, gli incapaci, gli invidiosi. Tutti coloro cioè che devono per forza usare le posizioni e le potenzialità altrui, perché agnellini sperduti privi di meriti personali. E una volta raggiunti gli obiettivi, grazie all’intervento provvidenziale, si trasformano in lupi rabbiosi. Sono infatti, del tutto inadeguati a raggiungere i livelli di chi sfruttano parassitariamente e, dunque, covano nella gelosia e nel rancore il sogno malefico di distruggere che li ha aiutati. Per non volerlo e doverlo ringraziare, fanno la fine di Lucifero. Sono incapaci di ammettere per tempo la propria indiscutibile inferiorità. Perché non riescono a convincersi di essere soltanto inutili vuoti a perdere. Quando sono svuotati del liquido dorato e frizzante, nonché del marchio prezioso e notorio, che li rendevano apprezzabili.