Contro la corruzione non si può contare sulle donne (purtroppo

Le donne di potere si dividono in due categorie: a) quelle che lo sono diventate nonostante siano donne; b) quelle che hanno sfruttato l’ombra di un uomo potente. Le prime hanno un potere personale e sono pochissime. Le seconde sono molte di più, ma il loro potere è derivato e relativo. Sommate le une e le altre non si arriva al numero degli uomini di potere. Ma, in qualsiasi caso, le donne di potere corrotte sono una rarità. A tal proposito, dopo l’inquietante scoperta di una presunta P3, Chicca Olivetti, fondatrice del Movimento Metà di Tutto, ha dichiarato “rimuovere gli ostacoli a una maggior presenza di donne nei posti di comando della politica è una questione non più rinviabile Non è un caso che le cronache degli scandali e del malcostume politico coinvolgono esclusivamente gli uomini. Non c’è dubbio che la moralizzazione della politica non può prescindere da questo dato di fatto”. Come nella politica, anche nelle carceri non c’è par condicio: c’è infatti una notevole differenza tra il numero di detenute (3.003) e il numero di detenuti (65.255) e pure tra i criminali schedati le donne sono in rapporto percentuale meno del 4% degli uomini. Dunque, non si può prescindere neppure da questo dato che appare omogeneo nella politica e nella criminalità: gli uomini delinquono di più. E forse ha proprio ragione chi, volendo moralizzare la nostra politica, invoca a gran voce il comando delle donne. Tuttavia, secondo me, i tempi sono ancora acerbi, perché ciò possa avvenire. I motivi sono molteplici. Prima di tutto ci sono ancora troppi uomini in gioco, attaccati alle loro plance di comando e restii a buttarsi a mare (anche solo per tornare a terra). Di contro, ci sono poche donne disponibili: molte sono indispensabili a quegli uomini al timone che, senza moglie, segretaria e amante, non avrebbero né il tempo né il modo di dedicarsi a tessere trame e salvare poltrone. Non è una novità che dietro un “grande” uomo, ci sia una grande donna. In realtà tre (donne) è un numero più contemporaneo. Altre, non hanno nessuna intenzione di far politica, perché hanno già una ricca mangiatoia bassa, fornita loro da un padre o da un uomo, perenne o di turno, interessato solo a nutrire il loro benessere. Altre ancora sono troppo impegnate a combattere per far quadrare la loro vita difficile, e non hanno il tempo né la voglia – giustamente – di pensare anche agli altri. Molte hanno già il loro posto in politica, ma, la maggior parte, l’hanno conquistato da gregarie, non certo scalando le montagne come Fausto Coppi. Non avranno mai la maglia rosa, perché preferiscono impegnarsi per farla indossare al padrino di turno. E non faranno mai parte di P2, P3, P4 o altro, non solo perché statisticamente meno corruttibili degli uomini, ma anche perché già associate al potente, ricevono automaticamente i vantaggi del comando. Dunque, perché perdere il tempo in associazioni segrete, incontri mestatori o obiettivi lobbistici, quando shopping e spa hanno importanza significativa nella loro esistenza? Donne serie, concrete e capaci in politica sono poche e sono sane. Non tutte di potere. Restano infine le sole poche donne al comando delle più disparate attività. Queste hanno avuto fin da piccole un’educazione forte e hanno sviluppato un ideale dell’io molto duro, dovendo nuotare contro corrente come i salmoni. Fin da bambine si sono sentite dire che qualsiasi cosa se la devono meritare con l’impegno: ciò costituisce un buon argine per restare nei confini dell’etica. A differenza dei maschietti che, solo perché tali, fin dalla nascita sono considerati dalle mamme trofei da esibire. E’ più facile, così educati, saltare gli argini e ritrovarsi tra maschi a complottare per non perdere il potere di essere sempre qualcuno più importante degli altri. E’ più facile delinquere, quando si è convinti di poter fare tutto perché si ha diritto a tutto. E le “donne salmone” non hanno nessuna voglia di mettersi a combattere contro gli uomini della politica e in politica, dopo avere già speso le energie per conquistare il loro personale posto di potere e soddisfazione. In conclusione, se questi sono i dati di fatto, mi sembra un’utopia pensare che, in tempi brevi, ci possa essere la moralizzazione della politica grazie alle donne: non hanno tempo, non possono, non vogliono; se già fanno politica, sono poche e si sono diversificate secondo il temperamento, ma onorano il genere con l’onestà. Forse è meglio che le cose restino così. Lavoriamo invece sugli uomini, fin da bambini. Che sono i veri ostacoli alla moralizzazione, non solo della politica. Questo, sì, è un compito serio per le donne: educare i maschi a meritare, esattamente come le bambine, ogni cosa che vogliono. Finché un giorno, della prossima generazione, si potrà parafrasare Dante, e anche svuotare le carceri, dicendo finalmente “tanto gentile e tanto onesto pare l’uomo mio…”