La mossa disperata: scarica il cognato per salvare se stesso

Quando si forma una nuova famiglia, è perché si è scelta, per amore o per altro, una sola unica persona tra tante. Dunque, giusta o sbagliata che sia, è con lei che si delinea il progetto di vita, lo si modula e si cerca di attuarlo nel miglior modo possibile. Anche con la solidarietà e la complicità. Nel creare questo nucleo operativo, però, la coppia dovrebbe anche avere il coraggio di essere leader della nascente esclusiva formazione sociale; di scegliere cioè, con determinazione, tra la famiglia d’origine di ciascuno e quella d’elezione. La prima deve poter restare l’importante riferimento affettivo che rappresenta, senza tenerla attaccata al carro in partenza per la difficile e avventurosa spedizione. Se i partner non sono entrambi consapevoli di questo, finiscono con il trovarsi carichi di zavorre, emotive e pratiche, che rendono complicato il cammino, confuse e costose le soste, pesantissimo il carico da portare. Tanto che, sovente, le coppie si disfano e si lasciano a metà strada, proprio per l’affollamento di bisogni e pretese contrastanti che mettono in conflitto fra loro i troppo numerosi compagni di viaggio. Del resto, trovandosi a carico una famiglia che non è la propria, entrambi i partner devono interloquire con personaggi non scelti per slancio erotico, che non hanno neppure pagato il biglietto per salire sul carro, e che invadono con la loro personalità il cerchio fragile dell’amore di una coppia appena formata. Confini conquistati, territori ingovernabili. Mettiamo il caso che, a un certo punto, questo carro si trovi su una barca a vela, in mezzo al mare in tempesta, e che qualcuno debba prendere il comando per evitare il naufragio. Sì, perché fino a quel momento c’era talmente tanta gente intorno alla coppia che non si era capito chi reggesse il timone e, soprattutto, quale rotta si seguisse. La barca apparentemente seguiva il vento. Bisogna qui fare un breve inciso, mentre l’imbarcazione carica (di futuri eroi o di futuri naufraghi) continua a combattere con le violente ondate che si abbattono sugli storditi naviganti. In genere nella coppia può capitare che il maschio usi la donna o che la donna usi il maschio. A volte per interesse dichiarato e condiviso, a volte per un singolo surrettizio obiettivo. Ad esempio: molte mogli vengono utilizzate come fittizie intestatarie di beni del marito, quando egli non può esporsi; il rischio della separazione-beffa è ridotto solo se nella dinamica della coppia prevale la forza dell’amore o la certezza dell’obbedienza di lei. Il risultato negativo si ha, in assenza di queste premesse, quando la moglie diventa ricca a spese di un fiducioso (o allocco) marito, abbandonato per strada all’emergere del primo problema. Ma ci sono anche mogli che usano i mariti per raggiungere uno status sociale ed economico di prestigio, a sue sole spese, non solo per sé ma anche per tutta la parentela. In questo caso il rischio è che, se il marito affonda per una qualsiasi traversia, affonda anche il carico che egli trasportava, con la donna, i bambini e tutti i portoghesi che si erano presi il passaggio di straforo. Tornando alla barca lasciata nella tempesta, e ormai quasi in rotta di collisione con le onde arrabbiate, che cosa sta succedendo? Il presunto comandante, ignaro sino a questo momento del pericolo incombente, perché sotto coperta, chiuso in camera (ops, in cabina) a parlamentare con i suoi amici, è costretto a prendere una decisione operativa. E allora cosa fa il nostro eroe? Invece di scusarsi per non avere sin dall’inizio previsto e monitorato l’evolversi della situazione, invece di vergognarsi per avere lasciato il comando a una persona immatura, e perciò responsabile di un carico eccessivo di familiari, invece di proteggere comunque sia la sua donna, e quindi tutti gli affetti dai quali lei non sa emanciparsi, butta in mare un parente per alleggerire il carico della barca. Non sembra avere una strategia da leader, né ha il comportamento protettivo che qualsiasi donna si aspetta da un uomo, tanto meno mostra il coraggio di assumersi le responsabilità (perfino non avendole), ma ha la forza istantanea di gettare un uomo – il più leggero, il più giovane, il più amato dalla sua donna – in pasto agli squali. Stupore e disappunto degli astanti. Delusione degli squali per l’insipido bocconcino. Inutilità del grave sacrificio. Però, forse, tutti dovremmo cominciare a pensare che si sia trattato di una tattica alla fine vincente, un gesto condiviso di protezione estrema della famiglia allargata: per cui solidarietà e complicità ci sono, eccome, in questa coppia di intrepida alleanza. Entrambi infatti sembra abbiano capito che, se a tuffarsi nel mare goloso in ebollizione fosse stato lui, il comandante, la barca sarebbe affondata e gli operosi e impauriti occupanti spariti negli abissi. In questo modo, un po’ cinico e un po’ così, c’è, invece, il tempo di allestire e lanciare una scialuppa all’agnello sacrificale; per ritrovarsi poi, finalmente col vento in poppa, tutti salvi e insieme, spiaggiati e contenti a Montecarlo