Alla fine l’unico a essere sfruttato è Berlusconi

Per giudicare, bisogna saper cambiare prospettiva. Per giudicare Berlusconi, è indispensabile, per un attimo, sottrarsi alla visione che di lui hanno i PM, (non i giudici), e gli avversari politici. Ma si deve anche rinunciare all’indulgenza di chi sta dalla sua parte politica. Dunque, bisogna trascurare il sospetto a ogni costo, l’invidia rancorosa, la generosità pelosa. La costruzione del suo profilo personale non può non partire dal fatto che è un signore ultrasettantenne, che si è fatto da solo partendo dal nulla, e ora è tra i più ricchi e potenti del mondo. Ha venti lussuose abitazioni e non se ne gode, in sostanza, che una. E’ circondato da migliaia di persone, ha due ex mogli e cinque figli, ma pochissimi amici. Forse due o tre. E’ politicamente molto abile e riesce ad averla vinta sempre su tutto e tutti. Anche sulla malattia. Ha una fantastica faccia tosta, che fa innervosire i suoi competitors politici. Tutto ciò spiega l’odio e l’invidia di chi non è dalla sua parte; e pure l’esagerato e permanente sospetto di chi non si rassegna all’idea che si può diventare miliardari senza commettere crimini. Di qui, lo stalking giudiziario che lo bracca da tanti anni. Ma chi braccano i PM d’Italia che vedono in lui la fonte di tutti i mali del Paese? Un uomo solo e infelice. Ancor più solo dopo la morte della madre e della sorella; le uniche donne, secondo me, che l’hanno nutrito del loro sentimento senza chiedere nulla in cambio. Certamente le figlie lo amano, ma l’amore gratuito è in genere discendente, cioè verso i più giovani e non viceversa. Un uomo solo e infelice che, all’evidenza, ha il terrore della morte. Perché la morte è il nulla e lui ha tutto. E chi ha tutto non sa mai se è “amato” per se stesso o per quel tutto che può dispensare: denaro, potere, chances. Nel dubbio, lui dispensa. Forse segue il principio cristiano del “date e vi sarà dato”, sperando nella ricompensa ultraterrena o forse aspettandosi solamente che un giorno uno dei milioni di beneficiati gli rivolga un gesto di gratitudine. Qualcosa che gli riscaldi un cuore agghiacciato e atterrito da se stesso, e dal suo essere segregato in ciò che si è esageratamente costruito intorno. Per esorcizzare la morte, si circonda di giovani: affascinato dal demone della giovinezza, in bilico tra redenzione e dannazione, eros e thanatos. E’ infelice e solo. Da chi può distillare quella linfa vitale che gli consenta di affrontare il trauma quotidiano delle sue battaglie e delle sue guerre? Nessuna donna l’ha amato in modo gentile e disinteressato, sì da accompagnarlo, custode materna e affettuosa, nelle ansie della maturità estrema. E allora lui ne vuole tante, impazzito nel tentare di formare un puzzle di umanità, che dia respiro all’anima delusa. Obiettivo impossibile da raggiungere, perché lui crede che bastino corpi giovani a rinfrescare l’arsura della vecchiaia. E’ convinto di ritrovare nelle fresche risate quell’energia di gioventù e di gioie, che nel trascorrere degli anni sovente evapora. Qui sbaglia, gravemente, e nessuno lo aiuta ad alzare lo sguardo verso persone che potrebbero dargli senza chiedere. In realtà, dunque, lo sfruttato è lui. Chi lo frequenta lo fa per sé, per le opportunità che lui offre, per il denaro che piove dalle sue mani. Perché lui è lo sponsor di ogni derelitto in cerca di fama. Ora lo fanno passare addirittura come uno sfruttatore di prostitute, con buona pace delle presunte prostitute in questione. Si è mai visto un “magnaccia” che paghi, a piene mani, nutra e ospiti le sue protette, senza che costituiscano un grasso business? Il protettore incassa; lui invece elargisce. Ed elargisce anche perché è un “ganassa”, un piacione, un egocentrico, che vuole essere citato, ricordato, applaudito. Ma anche perché si aspetta una inarrivabile carezza sul cuore. Se esistesse il reato di egocentrismo, sarebbe condannato all’ergastolo, persino con il rito abbreviato e senza sconti. Invece, obiettivamente, è vittima di se stesso e delle sue beneficiate. Oltre che degli accigliati, implacabili e onnipresenti magistrati. Lui non è un bandito, non è un criminale, ma un denutrito sentimentale. Come lui stesso svela in una canzone da lui scritta: “quello che il tuo cuore non ha, ti darò, ti darò. Ogni tua stagione sarò, cambierò i miei giorni e i tuoi; Nella calda estate se mi vuoi vento fresco io verrò… Mille vite ancora vivrò, morirò e rinascerò…..” Ora lo si può giudicare. C’è solo da interpretare se i suoi versi poetici costituiscano una promessa o una minaccia.