Lo scandalo Strauss – Kahn. Se per le femministe ogni uomo è un porco

Anch’io sono stata femminista. Ma lo ero in un momento in cui era funzionale l’esserlo, per rivoluzionare il pensiero giuridico e socia­l­e che relegava le donne oltre i confini del dirit­to e della dignità. Poi, basta. Oggi, acquisita la pari dignità giuridica dei sessi, ognuna se la crea e se la distrugge da sola. Il continuare a recitare il copione del vittimismo e della obbli­gatoria solidarietà a qualsiasi donna, e a ogni costo, è non solo ridicolo, ma irrispettoso del­l’indifferenziato genere umano. Le affermazioni di Erica Jong, dunque, che si indigna perché Strauss-Kahn è stato libera­to e perché una serie di sospetti osa ammanta­re la credibilità della sua accusatrice, sono proprio imbarazzanti. La tesi della scrittrice, nota come «educatrice» delle donne per avere ideato l’opportunità e il diritto di ciascuna alle «scopate senza cerniera», si fonda sul superatissimo garantismo sessista, per cui l’uomo è sempre carnefice e la donna sempre sua vittima. Si basa altresì sulla sua vetusta idea di garantismo sociale, in forza del quale il povero in tribunale non può avere ragione quanto il ricco, a causa del costo carissimo degli avvocati. Per questi motivi la «povera Ophelia», avrebbe sicuramente subito uno stupro, giacché lei semplice cameriera e l’aggressore uomo di potere. Perché è una donna fragile, preda del solito maschio feroce. Questo è, appunto, garantismo d’accatto, antistorico e irriguardoso sia delle donne, sia degli uomini. È vero che nel mondo abbondano ancora uomini carnefici e donne vittime, ma è altrettanto vero il contrario. Molto più che un tempo, ci sono donne che usano il proprio sesso, e la spesso patetica sessualità maschile, per interesse, vendetta, potere. Per soldi, in linea di massima. Dalla prostituta di strada, a quella che si definisce escort, fino a quella che non si definisce ma è puttana lo stesso, ci sono tantissime donne che sfruttano il loro noto luogo di potere, perché lo sanno ambito dai poveri maschi imbecilli. Ciò non vuol dire che una di queste, o una di tutte le altre, non possa un giorno essere o essere stata stuprata da un maschio più idiota e violento degli altri, ma certamente non significa neppure, come sostiene la Jong, che bastino le parole di una donna e il Dna dell’uomo nel suo corpo, per accusare legittimamente di stupro chicchessia. Tanto più quando i riscontri soggettivi sull’accusatrice sono tutti di segno negativo per la sua attendibilità: Ophelia mente più volte agli inquirenti; svolge la doppia attività di cameriera d’albergo di lusso e prostituta, proprio per trovare i clienti danarosi da cogliere sul fatto; viene intercettata mentre assicura un complice di avere tra le mani il pollo da spennare. Né vale l’ulteriore, gratuita ma inutile, difesa della Jong, convinta che in America vinca chi è ricco e possa pagarsi gli avvocati più bravi. Lei, Ophelia, peraltro, aveva dallasua sia l’avvocato che poteva ben pagare, sia tutta la procura, agguerrita e gratis. Con cinico populismo e sgangherata riproposizione di concetti ormai superati dall’onorevole rivoluzione femminile, è invece la Jong a sfruttare l’occasione per ritagliarsi qualche riga di stampa, non mostrando «paura di volare» neppure così in basso. La Jong ha perso l’opportunità di apprezzare, invece, la rapidità e l’onestà del sistema americano, così ossequioso del contraddittorio e della pari dignità tra accusa e difesa, tra imputato e vittima…. Diversamente da quanto succede in Italia dove, non essendoci la separazione delle carriere, molti confondono ancora i magistrati tra loro, per cui ciò che dice un pm (l’accusa) appare avere la stessa forza risonante della decisione del giudice (perché entrambi appartengono al potere giudiziario) e certamente meno valore delle parole di un avvocato. Che, pagato caro o non pagato per nulla, nell’immaginario di tutti è qualcuno che deve inventare per «vincere». In America, invece, la verità ha un valore sacrosanto per tutti e per tutte le parti in gioco; chi mente, alla fine viene bollato come perdente. Ecco perché la procura di New York non ha perso tempo a riconoscere pubblicamente la perduta aurea di povera vittima di cui era stata gratificata Ophelia; obiettivamente autoscreditatasi per essere stata beccata col topo in bocca della menzogna. Se solo i pm e gli avvocati italiani facessero altrettanto coi denuncianti inattendibili e i clienti bugiardi, sarebbero risolti tutti i problemi della giustizia legati ai tempi lunghi del processo. In ogni caso,l’America,dopo due mesi dal fatto, ci farà sapere tra quindici giorni se si è trattato di uno stupro a danno della cameriera o a danno dell’uomo. E da Erica Jong penso che tutti, uomini e donne, in un caso e nell’altro dovremmo «aspettarci» delle scuse, perché vi sono alternative certe all’uomo violento e alla donna vittima. Ed è di questa alternativa che è fatto il mondo. Altrimenti perderebbero di senso sia la verità, sia la giustizia. Sia, soprattutto, il valore incommensurabile, e da difendersi sempre, della dignità di ogni singola persona. Di qualunque sesso e di qualsiasi condizione sociale.