Balotelli e la tirannia delle donne incinte

Il caso, non solo di cronaca rosa ma soprattutto di grande rilievo umano, che coinvolge in questi giorni il nostro Balotelli, impone serie riflessioni sui diritti, i doveri, le responsabilità genitoriali. Non dei protagonisti della vicenda, che meritano il rispetto con il silenzio, ma delle donne e degli uomini del tempo che viviamo. Le donne fino a poco più di trent’anni fa, erano giuridicamente considerate inferiori all’uomo. Fino al 1981, il tradimento di una donna giustificava il delitto “d’onore”; fino al 1984 l’aborto era un drammatico problema femminile che si risolveva nel segreto e nel rischio fisico e penale; fino al 1975 esisteva la patria potestà e non la potestà genitoriale. La società e i luoghi di lavoro hanno faticato in questi anni ad accettare la donna libera, autonoma e paritaria. La sovranità, dentro e fuori dalle case, apparteneva all’uomo. Che comandava, vietava, tradiva e persino uccideva nell’accettazione, sovente gratificante, di chiunque. Le legge, la cultura, la rivoluzione dei costumi hanno ribaltato tutto. O quasi. Con la complicità dell’energia aggressiva delle donne che, come schiave liberate, sono passate dal buio alla luce, facendosene accecare. Ma con la complicità anche della colpevole ignoranza degli uomini, incapaci di comprendere che chi è stato schiavizzato può diventare il nemico del padrone o persino il padrone. Come in tante occasioni sta dimostrando di fare la donna, forte delle norme giuridiche che la sostengono. Lasciamo perdere le poverette ignoranti che ancora si fanno maltrattare, malgrado decine di migliaia di altre donne si organizzino per informarle, aiutarle e salvarle, e pensiamo invece a quelle che sono convinte di essere nate contestualmente ai diritti e all’arroganza, che brandiscono in ogni momento della vita. Unitamente al potere del sesso, di fronte al quale ogni uomo è schiavo per natura. Ma anche gli animali imparano, se vengono addestrati. E gli uomini, buona parte dei quali hanno rango, qualità e capacità di gran lunga superiore a qualsiasi mammifero, non vogliono addestrarsi. Non hanno capito la potenza infinita della donna, che può dare la vita e decidere solo lei se darla o no. Non vogliono pensare neppure un secondo di potere essere strumentalizzati da una donna con qual mix fantastico, che può però rivelarsi micidiale, di parole e sesso. Non riflettono, prima di innescare in pochi secondi la reazione chimico-biologica (privi naturalmente di uno scudo protettivo) sul fatto che ogni donna è proprietaria, dominatrice, sovrana assoluta, a volte despota del proprio corpo. E’ ingiusta, in parte, la legge che regola la questione delle nascite, perché l’uomo non può direla sua. Ese la dice, non vale nulla rispetto all’unico potere decisionale della donna, che ha il diritto incontrastabile all’ultima parola. Quando, invece, una nascita dovrebbe essere voluta solo con il consenso di entrambi. Qualsiasi uomo – spensierato su questo argomento – si può trovare padre quasi a sua insaputa. Il che vuole dire affrontare responsabilità affettive ed economiche (ai poveri capita raramente) non programmate e anche non volute. Qualsiasi donna, priva di valori, può decidere che il suo reddito sia un uomo e la carta di credito il figlio. Molti, peraltro, continuano a considerare le ragazze madri come vittime sedotte e abbandonate, perciò censurando l’egoismo del maschio; quando invece oggi le donne sono fiere della loro autonomia gestazionale, e non sanno che cosa sia il terrore degli anni cinquanta, quando quel figlio era considerato bastardo. Anche le leggi sono tutte dalla loro parte: riconoscimento, cognome del padre, mantenimento, obbligo di affettività, pena il futuro risarcimento del danno. Ci sono ogni giorno nei Tribunali cause introdotte da donne che, per qualche anno, hanno fatto le disinvolte mamme singles, salvo ripensarci, pretendere il dna dell’ignaro padre, conteggiare gli arretrati non versati, conquistare un bell’assegno mensile per il futuro e, persino, pretendere, in nome del figlio, il risarcimento per la vicinanza paterna non goduta. Quando, invece, nessun uomo diventato padre per forza, per sbaglio, per inganno, può mai neppure lontanamente pensare di chiedere di essere risarcito per la malafede subita, lo stravolgimento del proprio progetto di vita, l’aggressione all’identità e alla personalità, forse prima indirizzate diversamente. Detto questo, non si può non affermare che non vi sia discriminazione di genere a danno del maschio. Malgradola nostra Costituzione. Sarebbe bene che gli uomini cominciassero a scendere in piazza al grido “il seme è mio e me lo gestisco io”.