Violenza domestica, ospedale, avvocato e denuncia: l’iter per l’allontanamento

di Avv. Federica Mendola

“Oggi mio marito mi ha strattonata, mi ha tirato i capelli, mi ha fatto sbattere con forza la testa contro il muro.Ha aggredito anche nostro figlio. Cosa fare?”

“Gentile Avvocato, questa mattina io e mio marito Michele abbiamo litigato. Durante la discussione, lui mi ha strattonata, mi ha tirato i capelli e mi ha fatto sbattere con forza la testa contro il muro. Quando nostro figlio Lodovico, di 10 anni, ha provato a intervenire in mia difesa, mio marito ha spinto pure lui. È la prima volta che Michele alza le mani, ma sono anni che mi denigra, mi insulta e mi umilia; quasi sempre davanti a Lodovico. Per paura delle sue reazioni non l’ho mai denunciato, ma quando oggi l’ho visto aggredire il bambino ho capito che non posso più sopportare. Cosa posso fare? Non ho un posto dove mettere al sicuro Lodovico, ma non possiamo continuare a vivere sotto lo stesso tetto con Michele. Mi aiuti. Francesca”

Cara Francesca, il passo più importante lo ha già fatto: ha deciso di agire e reagire, per il Suo bene e per quello del Suo bambino. Ora deve affidarsi a un legale che la possa assistere in questa fase delicata e possa attivare tutti gli strumenti a disposizione.

Il nostro ordinamento giuridico ha dovuto fare i conti con una triste e dura realtà. Troppo spesso la casa familiare, che dovrebbe essere il porto sicuro di ogni persona, si trasforma nel teatro di violenze e prevaricazioni.

Con la legge n. 154 del 2001, dal titolo “Misure contro la violenza nelle relazioni familiari”, il legislatore ha risposto proprio all’esigenza di protezione delle vittime di maltrattamenti in ambito familiare. Che siano coniugi o conviventi, genitori o figli, fratelli o nipoti.

L’innovativo (seppur tardivo: è appena “maggiorenne”) intervento legislativo ha portato rilevanti modifiche al codice di procedura penale e al codice civile e ha introdotto nel nostro ordinamento misure di protezione e tutela rapide, flessibili, provvisorie e urgenti.

Si tratta di due strumenti “fotocopia”, che hanno la funzione di garantire una doppia tutela parallela, civile e penale, alle vittime di violenze familiari.

L’obiettivo è lo stesso: ottenere l’allontanamento dell’aggressore dalla casa familiare, per evitare il reiterarsi della condotta pregiudizievole e violenta. Sia in ambito penale, con la previsione dell’art. 282 bis c.p.c., sia in ambito civile, con gli artt. 342 bis e ter c.c..

Le norme richiamate tutelano la vittima da tutte le forme di violenza:

  • quella verbale, fatta di lividi che non si vedono, di offese, umiliazioni, prevaricazioni e angherie;
  • quella psicologica, che costringe le vittime a vivere in un clima di terrore, angoscia e paura e in un costante stato di soggezione psicologica nei confronti dell’aggressore;
  • quella fisica, con i segni indelebili sulla pelle;
  • quella sessuale, la più ignobile;
  • quella assistita, ai danni dei figli, testimoni attoniti degli insulti, dei maltrattamenti e delle minacce di un genitore contro l’altro, che li segna irrimediabilmente, mina e compromette il loro diritto a una crescita serena in un clima familiare tranquillo e li espone al rischio di assorbire la deplorevole violenza dell’aggressore;
  • quella economica, esercitata dal coniuge/convivente economicamente più forte che fa del denaro il biglietto di sola andata per l’inferno.

Gli ordini di protezione scattano quando la condotta violenta del coniuge/convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale o alla libertà dell’altro coniuge/convivente. In questi casi, l’autorità civile ordina all’autore la cessazione della condotta e l’allontanamento dalla casa familiare.

Nello stesso modo, procede l’autorità penale quando quella stessa condotta integra gli estremi di un reato.

Ma il ventaglio delle tutele è più ampio. L’ordine di cessazione della condotta e l’allontanamento sono infatti il contenuto minimo della misura di protezione.

Ove occorre” (dice il legislatore civile), ossia “qualora sussistono esigenze di tutela dell’incolumità psicofisica della vittima o dei suoi prossimi congiunti” (chiarisce il legislatore penale), può essere prescritto all’autore della violenza di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, come la sede di lavoro, l’istituto scolastico frequentato dai figli, la casa dei nonni.

In sede civile, il giudice “può disporre” anche l’intervento dei servizi sociali o di una rete di tutele a favore della vittima e dell’intero nucleo familiare colpito.

Il legislatore ha previsto anche una misura di protezione di natura patrimoniale, tanto in ambito civile quanto in ambito penale, ossia il pagamento di un assegno periodico a favore del convivente-vittima, condizionato allo stato di indigenza economica conseguenza dell’allontanamento dell’autore della condotta antigiuridica.

Dunque Francesca, la prima cosa che ora dovrà fare è recarsi al pronto soccorso. Si faccia visitare e racconti ai dottori l’aggressione fisica subita da Suo marito. Gli operatori sanitari hanno l’obbligo di informare tempestivamente l’Autorità Giudiziaria di qualsiasi notizia di reato relativa a delitti procedibili d’ufficio, come il maltrattamento o anche solo la lesione personale.

Con la diagnosi del pronto soccorso si rechi subito alla caserma dei carabinieri o al commissariato di polizia competente per zona, per sporgere denuncia-querela dettagliata sia della violenza fisica di oggi sia delle pregresse aggressioni verbali.

La Sua denuncia e la segnalazione da parte dell’ospedale attiveranno gli strumenti di tutela penale. La polizia giudiziaria e il pubblico ministero dovranno svolgere delle indagini tempestive. Grazie al Codice Rosso, pubblicato sulla gazzetta ufficiale a luglio 2019, Lei dovrà essere ascoltata entro 3 giorni dalla denuncia, per limitare al massimo la possibilità che la violenza possa essere reiterata. Se verrà accertata l’abitualità della condotta, l’autorità penale potrà chiedere che nei confronti di Suo marito sia emessa subito la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa coniugale.

Parallelamente Lei dovrà richiedere l’ordine di protezione in sede civile, che dovrà essere disposto inaudita altera parte, ossia rinviando il pieno contraddittorio tra le parti a un momento successivo per evitare che la situazione degeneri pericolosamente in conseguenza della conoscenza da parte di Michele della Sua decisione di rivolgersi all’Autorità.

La differenza sostanziale tra le due misure di protezione sta proprio in questo: l’ordine civile può essere emesso solo su richiesta di parte. La misura cautelare penale può essere disposta, indipendentemente dall’istanza della vittima, a seguito della notizia di un reato procedibile d’ufficio.

Cara Francesca, solo facendosi aiutare e reagendo, potrà riacquistare la dignità e la libertà che Le sono state negate. In bocca al lupo!